Un uomo su un barile

Naufragio, William Turner

La vita, in fondo tutta quanta, è divaricata tra alcune scelte, consapevoli o meno, che fanno del nostro mondo un luogo molto grande oppure molto piccolo. E’ questa la dialettica eterna tra sicurezza e libertà. Tra l’una o l’altra cosa. Talvolta nessuna delle due, ma mai entrambe.

Il mondo, per come ce lo si rappresenta, o è un luogo estremamente confortante, o un posto dove l’inquietante è sempre dietro l’angolo. Va da sé che i più scelgono la sicurezza. Poiché per andare a fondo delle cose talvolta bisogna affondare, mettere la testa sotto, e mancare nel respiro. Una cosa assai spaventevole, la sola quale consente di vedere tuttavia le cose per quello che sono e non per ciò che piace raccontarsi.

A staccarsi dalle certezze, ed entrare nel “tempo verticale”, ovvero sacro, si fa fatica, ed è percorso che si fa sempre in solitaria. Normalmente abbandonando – spesso previo naufragio – le galère dove si remava tutti insieme sì, ma incatenati, per affidare le proprie sorti a natanti di più modeste dimensioni. E solo allora si scopre quanto possa essere sconfinato, maestoso e agghiacciante, l’Oceano. 

Io per conto mio, sono un uomo su un barile.